LA RIFORMA O LA VITA : FAR WEST MAGISTRATURA ITALIANA, UNO
SCANDALO INACCETTABILE
La recente notizia dell'indagine a carico della Presidente del Consiglio
Giorgia Meloni, insieme ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al
sottosegretario Alfredo Mantovano, per favoreggiamento e peculato nel caso
del generale libico Osama Almasri, solleva interrogativi inquietanti sul ruolo e
sulle intenzioni della magistratura italiana.
Questa inchiesta, più che un atto di giustizia, ha tutto il sapore di una
vendetta. Una reazione rabbiosa di un potere che si sente minacciato dalle
riforme e dai cambiamenti promossi dal governo. Sarebbe questo lo "stato di
diritto"? Il sacro graal di cui la sinistra si riempie la bocca solo quando serve a
proteggere i privilegi di una magistratura che sembra credersi intoccabile?
Indipendenza della magistratura? Certo, nessuno la nega. Autonomia dei
giudici ? Ovviamente, è garantita dalla Costituzione. Ma autonomia e
indipendenza non significano onnipotenza, né diritto al protagonismo politico,
né tantomeno licenza di ingaggiare una lotta continua contro chiunque osi
mettere in discussione il loro strapotere.
La magistratura italiana non è santa, e la nostra Costituzione non le
conferisce alcun diritto di immischiarsi nella politica. Nessuno ha mai
attribuito ai giudici il potere di usare indagini e avvisi di garanzia come
strumenti di pressione e ricatto, con metodi che ricordano più da vicino certe
pratiche mafiose che non l’imparzialità e la terzietà di cui i giudici dovrebbero
essere garanti.
È inaccettabile che una casta autoreferenziale di magistrati, intoccabili e
irresponsabili, possa condizionare il corso della democrazia attraverso azioni
di minaccia. Il sistema delle correnti, le logiche da contrada, le manovre
occulte dentro il CSM: tutto ciò è ormai evidente, palese (vedi il caso
Palamara), eppure nessuno sembra avere il coraggio di denunciare la deriva
di un potere assoluto che non risponde a nessuno, non certo al popolo, né al
parlamento, a nessuno!
Il tentativo di riformare la giustizia in Italia è sempre stato ostacolato da una
magistratura accartocciata su se stessa, che vuol essere libera di
“funzionare” lentamente, male, una casta inefficace e ideologicamente
corrotta, pronta a colpire chiunque osi metterla in discussione. Il popolo
italiano esige una riforma della giustizia, tanto profonda quanto decisiva.
Meloni e il suo governo tentano di mettere ordine in questo sistema marcio,
ed ecco che arriva puntuale la rappresaglia sotto forma di inchieste e avvisi di
garanzia.
La politica non può restare ostaggio di questo vespaio di calabroni militanti. È
ora di riaffermare che in una democrazia i poteri devono essere equilibrati e
controllati in maniera da permettere al cittadino di comprenderne l’azione,
azione che deve essere trasparente e mai valicare i limiti imposti dalla
Costituzione. La magistratura deve tornare a fare il proprio lavoro: applicare
la legge, non scriverla, né manipolarla; indagare i reati, non influenzare la
politica. Non sta scritto da nessuna parte che le riforme della magistratura
sono vietate.
Se questo è lo Stato di diritto che certa magistratura e certa sinistra
difendono con tanto fervore (quando fa comodo a loro, almeno), allora è
evidente che c’è bisogno di una profonda revisione del sistema. Perché in
uno Stato veramente democratico la giustizia deve essere al servizio della
legge, a servizio del popolo e non un'arma di lotta politica nelle mani di una
cricca di ambiziosi moralmente corrotti.
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LUCA COSTA