L’Occidente delle libertà è un’illusione che si sgretola
In Francia abbiamo il caso TéléLibertés. In Italia, quello di Visione TV, minacciata da Francesco Nicodemo, marito di Pina Picierno – vicepresidente del Parlamento europeo – che, secondo fonti autorevoli, ha avuto accesso e potere sufficiente per sollecitare la chiusura dei conti bancari di una TV indipendente.
Perché? Perché entrambi i media hanno osato non allinearsi alla narrativa dominante della NATO, dell’Unione Europea, della guerra in Ucraina. Non servono più censure formali, non serve più un Ministero della Propaganda. Basta un’email da Bruxelles, o un “alert” lanciato da qualche struttura opaca tra intelligence e finanza, per bloccare i conti bancari. Senza conto corrente, un media non paga stipendi, affitti, bollette. Scompare. Non per decreto, ma per strangolamento invisibile.
E
allora ci si chiede: che cos’è oggi la democrazia?
Ha
ancora senso parlare di “libertà
di
stampa”,
se chi la esercita rischia il collasso bancario per non essersi
allineato?
Possiamo
davvero ancora illuderci di vivere in un “Occidente
delle libertà”?
La
verità è brutale: la nuova forma di totalitarismo non si presenta
con stivali e manganello, ma con grafici in PowerPoint, con le parole
“lotta
alla disinformazione”
e
con circolari bancarie.
Il
nuovo fascismo –
e
usiamo il termine con consapevolezza – è quello
finanziario-tecnocratico, che si ammanta di buone intenzioni mentre
elimina ogni voce dissonante con strumenti invisibili.
Un
paradosso storico inquietante: prima della caduta del Muro, nella
Parigi liberale si poteva tranquillamente acquistare in edicola la
Pravda,
l’organo
ufficiale del Partito Comunista Sovietico.
Oggi,
sotto Macron e l’UE,
media indipendenti e anti-NATO vengono chiusi, o strozzati, con la
complicità
delle
banche.
Chi
osa parlare di pace, chi osa mettere in discussione la versione
ufficiale della guerra, diventa “agente
straniero”,
“veicolo
di fake news”,
colpevole senza processo.
È
una forma di repressione più sofisticata e potenzialmente più
devastante di qualsiasi autoritarismo del XX secolo, perché
si
traveste da “difesa
della democrazia”.
In
realtà
è l'annientamento della dissidenza, il trionfo di un'ortodossia
ideologica postmoderna: flessibile, transnazionale, non eletta da
nessuno, armata di algoritmi, sanzioni e chiusure di conto.
Il nuovo totalitarismo ha tre teste: UE, banche e media allineati
La guerra oggi non si combatte più solo con i carri armati, ma con le narrazioni, con gli algoritmi, con i bonifici bloccati.
Non serve censurare un giornale con la forza. Basta che una banca chiuda i conti correnti di un’emittente considerata "filorussa", e quella voce – scomoda, non allineata, fastidiosa – sparisce dal dibattito pubblico.
È quello che è successo in Francia con TéléLibertés, una piccola TV accusata di diffondere posizioni non conformi alla narrativa bellica atlantista. Risultato? I suoi conti vengono bloccati. Niente più stipendi, niente bollette, niente trasmissioni.
È quello che rischia di accadere anche in Italia, con Visione TV: una voce libera, criticata perché diffonde analisi critiche sulla guerra in Ucraina e sull'influenza NATO in Europa. Secondo quanto riferito da più fonti, Francesco Nicodemo – ex spin doctor renziano, oggi marito della vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno – avrebbe avuto un ruolo nel segnalare l’emittente come “pericolosa”, portando alla chiusura o al blocco dei suoi conti bancari.
Tutto questo senza un processo, senza accuse formali, senza reati, ma solo con la forza dell’“allineamento”.
Il cerchio che si chiude: chi controlla l'informazione controlla la realtà
L’architettura del nuovo controllo mediatico è tanto semplice quanto inquietante:
L’UE stabilisce la “verità ufficiale”, attraverso comitati, task force contro la disinformazione, regolamenti sul Digital Services Act.
Le banche eseguono: chiudono conti a media scomodi, a youtuber, a piccole redazioni, con motivazioni generiche come “profilo di rischio” o “reputazione”.
I media mainstream rilanciano e giustificano: parlano di “lotta alla propaganda russa”, etichettano ogni voce critica come “cospirazionista”, e incassano milioni in fondi pubblici per continuare a sostenere il racconto ufficiale.
Questo cerbero a tre teste – UE, banche, media ufficiali – non tollera deviazioni. E se provi a opporre un pensiero alternativo, vieni subito accusato di essere un "nemico della democrazia", quando in realtà la democrazia vera è fatta proprio di confronto, dissenso e pluralismo.
Il modello francese: chiusura economica, censura indiretta
Il caso TéléLibertés è emblematico. È stato riportato che l’emittente ha subito pressioni bancarie e istituzionali tali da renderne quasi impossibile la sopravvivenza. Nessun provvedimento ufficiale, nessuna condanna. Solo il meccanismo dell’asfissia: se non puoi operare, non puoi parlare.
Nel frattempo, in Francia, lo Stato ha continuato a finanziare generosamente i grandi media allineati, anche quelli con audience in calo. Chi è dentro il sistema viene sostenuto, chi è fuori viene abbandonato – o peggio, ostacolato.
L’Italia segue lo stesso copione?
Nel caso di Visione TV, le analogie sono inquietanti. La chiusura del conto bancario di una testata solo per le sue opinioni politiche rappresenta un precedente pericolosissimo. La banca, agendo sotto pressione, si trasforma in un nuovo tipo di censore: non ti vieta di parlare, ma ti impedisce di esistere economicamente.
La legittimità di una voce viene oggi decisa da criteri opachi: “aderisce o no al pensiero unico euroatlantico?”. E chi è in disaccordo viene schiacciato non più con la polizia, ma con la burocrazia finanziaria.
Il paradosso della libertà in Europa
Il
risultato è questo: in nome della “libertà”
si
stanno distruggendo le condizioni materiali per esercitarla.
E
qui il confronto storico è inevitabile.
Nella Parigi degli anni ’80 – in piena Guerra Fredda – si poteva trovare in edicola la Pravda. Oggi, nella Parigi del 2025, una TV che non canta l’inno della NATO viene spenta dalle banche, con il beneplacito dell’Eliseo e di Bruxelles.
Conclusione: il nuovo autoritarismo si chiama “normalità”
Il pericolo che stiamo vivendo non è più quello del totalitarismo spettacolare, con stendardi, censure e prigioni. È quello di un autoritarismo in giacca e cravatta, elegante, legale, "razionale", che non dice mai “ti vieto di parlare”, ma ti costringe al silenzio togliendoti le condizioni per parlare.
E tutto questo accade con il plauso dei giornali, con l’applauso delle istituzioni europee, e nel silenzio imbarazzante di un’opinione pubblica abituata ad associare la libertà solo a ciò che è consentito.
Oggi il vero atto rivoluzionario è uno solo: difendere il diritto di dire ciò che non piace a chi comanda.
LUCA COSTA
PONTE ARCOBALENO: LUCA COSTA: una voce del pensiero alternativo
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