Ipocrisia strategica: il diritto alla guerra preventiva e la morale a geometria variabile dell’Occidente
Viviamo nell’universo (quello occidentale) della morale a geometria variabile, dove i princìpi non sono più universali ma piegati agli interessi dei potenti. Ancora una volta, l’Occidente si fa (a parole) paladino della giustizia e al tempo stesso legittima – senza battere ciglio – ciò che in altri contesti condanna con veemenza. Il caso più emblematico, oggi, è il supporto incondizionato a Israele e la quotidiana retorica martellante secondo cui “Israele ha diritto a difendersi”. Formula apparentemente ineccepibile, se non fosse che in questo caso significa una cosa ben precisa: Israele ha il diritto di attaccare l’Iran.
Ma da quando una guerra preventiva è compatibile con il diritto internazionale? Questa dottrina, ampiamente controversa, fu già ammantata di false giustificazioni nel 2003, con l’invasione dell’Iraq, e oggi viene riproposta con la stessa disinvoltura. Eppure, quando nel 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina, proprio con la motivazione di voler impedire l’ingresso di Kiev nella NATO – e quindi l’installazione di basi militari statunitensi dotate di missili da crociera Tomahawk 6, capaci di colpire Mosca in meno di dieci minuti, da una distanza di appena 500 chilometri – l’intera comunità occidentale ha parlato di “aggressione ingiustificata”. Ma come?
Ora, dobbiamo riconoscere l’evidenza: le logiche che l’Occidente rifiuta in un caso, le benedice in un altro. In nome della sicurezza di un alleato si può violare il principio di sovranità, colpire un paese terzo, e perfino preparare una guerra su larga scala, senza che nessuno dei “guardiani della legalità internazionale” muova un dito. Se a volersi difendere, dopo anni di minacce e di allargamento della NATO a est, è la Russia a volersi difendere, allora non va bene. Questo doppio standard non è solo intellettualmente disonesto: è moralmente inaccettabile.
Ma l’ipocrisia non finisce qui. Chi oggi ripete la litania della “difesa israeliana”, omette di ricordare un passaggio cruciale della storia recente: tra il 2015 e il 2018 era in vigore un accordo internazionale sul nucleare iraniano (JCPOA). L’Iran aveva accettato limiti severi e verifiche costanti sul proprio programma nucleare, in cambio della revoca delle più pesanti sanzioni economiche. Un esempio concreto di come la diplomazia possa funzionare. Eppure, fu Donald Trump, su pressione del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, a rompere unilateralmente quell’accordo. Fu proprio l’asse Washington-Tel Aviv a far saltare un equilibrio certo fragile ma non meno essenziale.
Come si può ora invocare il diritto alla guerra preventiva quando si è preventivamente distrutta ogni speranza di pace ? Come si può invocare il diritto a difendersi quando si è preventivamente offeso il prossimo stracciando un accordo conforme al diritto internazionale (sostituendolo con arbitrarie e mostruose sanzioni economiche)? Usa e Israele sono due stati criminali. La storia li giudicherà. Li ha già giudicati.
E infine, dobbiamo guardare con onestà a ciò che sta accadendo davvero in Medio Oriente. Israele sta letteralmente demolendo ogni Stato o entità che possa rappresentare un ostacolo strategico all’egemonia statunitense nella regione. Non è un’ipotesi, è un fatto. Il Libano è stato devastato più volte, ridotto a un cumulo di macerie. La Siria è stata trascinata in una guerra civile sanguinosa, fomentata da interessi americani (abbattere un regime prossimo a Mosca) in cui Tel Aviv ha avuto un ruolo, diretto o indiretto, costante. E ora tocca all’Iran.
Dietro ogni crisi, ogni bombardamento, ogni “reazione difensiva”, c’è un disegno preciso: cucire un Medio Oriente su misura agli interessi strategici di Washington, con Tel Aviv come braccio operativo. Un progetto che non guarda in faccia nessuno: né governi legittimi, né popolazioni civili. Migliaia di morti, infrastrutture distrutte, vite spezzate – tutto sacrificabile sull’altare della geopolitica.
La verità è semplice, ma dura da accettare: Israele non si sta difendendo. Sta attaccando. E lo fa con il pieno sostegno dell’Occidente, che ha rinunciato a ogni coerenza morale pur di salvaguardare i propri interessi imperiali.
Questa è la verità che i media non raccontano, che le diplomazie nascondono, e che molti sembrano non voler vedere. Ma chi ha a cuore la giustizia e la pace non può più tacere. La guerra non è inevitabile. È una scelta. E la pace, oggi come sempre, comincia dalla verità.
PS. In questi giorni, molti commentatori e leader occidentali parlano apertamente della necessità di un “cambio di regime” a Teheran, auspicando l’arrivo di un governo “più moderato”. Sarebbe utile ricordare che l’Iran un governo moderato ce l’aveva: si chiamava Mohammad Mossadeq. Era un laico, democratico, anti-colonialista. Aveva osato nazionalizzare il petrolio iraniano, sottraendolo al controllo delle avide compagnie occidentali. E cosa accadde? La CIA, insieme ai servizi segreti britannici, organizzò un colpo di Stato che lo destituì, reinstallando lo scià Reza Pahlavi al potere, garante degli interessi anglo-americani nella regione.
Ma questo i nostri media preferiscono tacerlo…
LUCA COSTA
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