Ulfkotte, Chiesa, Dénécé: tre morti scomode nell’ombra lunga della CIA
Quando muore un giornalista in Russia i media occidentali urlano, si strappano i capelli, dedicano all’evento mesi, anni di approfondimenti e dibattiti. Tutti conosciamo il nome di Anna Politkovskaija per esempio.
Invece, quando muoiono giornalisti scomodi all’impero americano in Europa, cala sui fatti un silenzio imbarazzante.
Così è stato per Udo Ulfkotte in Germania, per Giulietto Chiesa in Italia, per Éric Dénécé in Francia. Tre figure diverse, accomunate da un tratto preciso: avevano osato mettere in discussione l’egemonia dell’intelligence occidentale, in particolare l’influenza della CIA sulla stampa e sulle democrazie europee.
Tre
morti, una domanda: si può ancora parlare liberamente in
Occidente?
Udo
Ulfkotte è
stato per quasi due decenni uno dei giornalisti di punta del
Frankfurter Allgemeine Zeitung, fino a quando nel 2014 ha pubblicato
“Gekaufte
Journalisten”
(“Giornalisti
comprati”),
un libro dirompente in cui denunciava come la CIA e altri servizi
atlantici infiltrassero sistematicamente la stampa tedesca per
orientarla a favore della NATO. L’opera
fu ignorata dai grandi media, etichettata come marginale, screditata.
Ma le accuse erano precise, dettagliate, circostanziate. Ulfkotte
parlava di mazzette, inviti negli Stati Uniti, viaggi spesati, linee
editoriali imposte. Tre anni dopo, il 13 gennaio 2017, Ulfkotte morì
improvvisamente
a 56 anni per un infarto, secondo la versione ufficiale. Nessuna
autopsia approfondita. Nessun interesse mediatico. Nessuna indagine.
Solo il silenzio.
La
stessa dinamica si è ripetuta con Giulietto Chiesa. Giornalista, ex
corrispondente da Mosca per La Stampa e l’Unità,
fondatore di Pandora TV, Chiesa era diventato una delle figure più
critiche verso l’egemonia
NATO e la narrativa occidentale su Russia, Siria e Medioriente. Aveva
denunciato apertamente la manipolazione delle guerre, i giochi
sporchi dei servizi segreti, l’ingerenza
americana nei media e nei governi europei. Il 26 aprile 2020 morì
a
Roma per un malore improvviso. Anche in questo caso, nessuna
inchiesta approfondita, solo commemorazioni fredde, formali, quando
non infastidite. La sua figura, scomoda per l’establishment,
è
stata rapidamente relegata ai margini del dibattito.
Infine,
Éric
Dénécé.
Analista, ex membro dell’intelligence
francese, fondatore del Centre Français
de Recherche sur le Renseignement (CF2R), Dénécé
è stato una delle voci più lucide e controcorrente nel panorama
europeo. Aveva denunciato l’uso
crescente della guerra psicologica da parte degli Stati Uniti, la
demonizzazione sistematica della Russia, la subordinazione strategica
dell’Europa
alla NATO. In patria non era ben visto. La sua morte, avvenuta il 12
giugno 2025, è stata improvvisa, a 62 anni. Nessuna causa chiara è
stata resa pubblica. Ancora una volta, il silenzio. La
rimozione.
Tre
morti, tre contesti diversi, un solo filo rosso: la critica al potere
americano, l’opposizione
al monopolio informativo imposto dalla CIA e dalle strutture di
intelligence occidentali. È un dato storico che la CIA, fin dagli
anni della Guerra Fredda, abbia operato per influenzare e controllare
la stampa, con programmi come Operation Mockingbird. Oggi queste
pratiche non si sono interrotte: sono diventate più sofisticate.
L’influenza
passa per i think tank, le fondazioni, le partnership editoriali, i
finanziamenti indiretti. Chi denuncia, viene isolato, delegittimato,
e – nei
casi più estremi –
fatto
sparire dal dibattito, se non dalla vita.
Non
si tratta di fantasie cospirazioniste, ma di dinamiche documentate.
Ulfkotte aveva prove scritte, testimoni, nomi. Chiesa aveva contatti
diretti, esperienze sul campo, una lettura storica coerente. Dénécé
univa
l’analisi
geopolitica alla conoscenza diretta degli apparati di sicurezza.
Nessuno di loro era un improvvisato. Nessuno parlava senza basi. Ma
proprio per questo facevano paura.
Il
dato più inquietante, oggi, non è solo la loro scomparsa, ma
l’assenza
totale di reazione. In Germania nessun partito ha chiesto chiarimenti
su Ulfkotte. In Italia nessuna grande testata ha approfondito le
cause della morte di Chiesa. In Francia nessun media ha osato porre
interrogativi sulla scomparsa di Dénécé.
È
il segno che il controllo narrativo è completo. Che la libertà
d’informazione
è diventata un guscio vuoto, utile solo per legittimare un sistema
che si autoalimenta nel silenzio e nell’impunità.
Quando
il giornalismo si piega alla paura o all’obbedienza,
la democrazia muore. Se oggi non abbiamo il coraggio di chiedere
verità su
queste tre morti, domani non ci sarà
più
nessuno a raccontare cosa accade davvero. Ulfkotte, Chiesa, Dénécé
non
sono solo vittime potenziali: sono testimoni. Sacrificati per
difendere una narrazione che non regge più. Riscattare la loro
memoria significa difendere l’unico
strumento che ancora può contrastare il potere senza volto: la
verità.
LUCA COSTA
PONTE ARCOBALENO: LUCA COSTA: una voce del pensiero alternativo
Nessun commento:
Posta un commento