"La Guerra è Pace, il Riarmo è Necessario, la Coerenza è Facoltativa"
Ah, che meraviglia l’aria frizzantina che si respira in questi giorni nei salotti editoriali della stampa italiana benpensante e ultra-liberale. Non si parla d’altro: RIARMARSI. Ma non come un vezzo, non come un capriccio. No no, è necessario. L’aggettivo riecheggia tra le colonne dei quotidiani come un mantra laico. Le armi, oggi, non sono solo strumenti di morte: sono simboli di virtù, di civiltà, di progresso. Anzi, di valori europei. Un Kalashnikov per la libertà. Un missile per la pace. Una fregata militare per l’inclusività.
Dove una volta si combatteva per pane, lavoro e diritti, oggi si scende in piazza per… droni? Il paradosso è servito, e ce lo servono con il ditino alzato. Le stesse firme che per decenni hanno difeso l’austerità come se fosse un sacramento economico, oggi diventano pasdaran della spesa pubblica militare. Lo chiamano "investimento". Dicono: “Dobbiamo difendere l’Europa!” Ma da chi, esattamente? Dai nostri stessi fantasmi?
C'è qualcosa di sublime — e perfino comico — nel vedere questi editorialisti scoprire il significato della parola “necessario”. Dove erano, i paladini della necessità, quando si chiudevano ospedali a colpi di spending review? Quando gli infermieri venivano pagati come stagisti? Quando gli insegnanti, ridotti allo status di sacerdoti precari, dovevano comprarsi la carta igienica per la classe? Dove erano i "valori" mentre franavano le infrastrutture, si sventravano i paesaggi e si derubricava la cultura a orpello?
Silenzio. Anzi, peggio: c'era l'applauso. “Bisogna fare sacrifici”. Ma ora, per i carri armati, nessun sacrificio è troppo grande. È NECESSARIO.
E il bello è che la stessa Unione Europea — quella tecnocratica, laica, iperrazionale — ora ci viene a dire che dobbiamo armarci. E lo dice con l’autorità... di chi non ha alcuna competenza in materia. Già, perché l’UE, in teoria, non ha giurisdizione sugli eserciti dei singoli Stati. Ma in pratica, da qualche tempo, sembra più lo zio militarizzato che fa irruzione alle feste e ti spiega perché è meglio comprare un Leopard 2 piuttosto che ristrutturare la scuola elementare cadente.
E nel frattempo, chi osa sollevare un sopracciglio viene etichettato come nostalgico, pacifista da salotto, irresponsabile. È la nuova ortodossia: o sei per il riarmo, o sei contro la civiltà.
L’Europa dei diritti è diventata l’Europa dei droni. L’Europa dei popoli è diventata l’Europa dei contractor. E tutto questo viene ammantato da un’epica da film bellico: “dobbiamo difendere i nostri valori”. Ma viene da chiedersi: quali valori? La coerenza, evidentemente, non rientra tra questi.
In fondo, forse avevano ragione loro sin dall'inizio. La pace era solo un intermezzo. Il vero progetto europeo — quello inconfessato, quello ReamEurope — ha finalmente gettato la maschera. Non più "uniti nella diversità", ma "uniti negli armamenti". E chi non si accoda, è fuori dal coro. Anzi, fuori dall’Europa.
D’altronde, nel 2025, nulla è più rivoluzionario del chiedere fondi per un ospedale. Nulla è più eversivo del dire: “abbiamo bisogno di insegnanti, non di caccia F-35”. E nulla è più sarcasticamente tragico del fatto che dire questo significhi essere etichettati come ingenui.
Ma
chi vuole essere cinico oggi, ha il mondo in mano. Basta dire una
sola parola, con voce ferma, sguardo fiero, e una lacrimuccia
patriottica:
NECESSARIO.
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LUCA COSTA
PONTE ARCOBALENO: LUCA COSTA: una voce del pensiero alternativo
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