Gaza, la vergogna che ci riguarda: le parole del cardinale Pizzaballa e di Papa Leone XIV come specchio della nostra coscienza
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Oggi, 12 maggio 2025, assistiamo impotenti a una tragedia che lacera la nostra coscienza collettiva. La Striscia di Gaza è devastata da mesi di bombardamenti, privazioni e sofferenze indicibili. Le dichiarazioni del governo israeliano, che parlano apertamente di deportazione, distruzione e pulizia etnica, non possono lasciarci indifferenti. Questa situazione ci interroga profondamente come civiltà occidentale, mettendo in discussione i valori di umanità e giustizia che professiamo.
In
questo contesto, le parole del cardinale Pierbattista Pizzaballa,
Patriarca latino di Gerusalemme, risuonano con forza e chiarezza. Pur
non essendo stato eletto Papa, la sua voce si erge come guida morale
per credenti e non credenti. Durante una visita pastorale a Gaza, ha
dichiarato:
"Gaza
è
distrutta, tutto è distrutto, ma non gli abitanti, non sono in
ginocchio, sono vivi, per me questo è un segno di speranza."
Parole
che ci ricordano che, nonostante la devastazione, la dignità
e la
speranza umana persistono.
Il
cardinale ha anche espresso sgomento per la morte di civili affamati
nel tentativo di ottenere aiuti umanitari, sottolineando la necessità
di
soluzioni coordinate per evitare ulteriori tragedie. Ha ribadito che:
"I
continui pesanti bombardamenti che da giorni martellano Gaza
causeranno solo morte e distruzione e non faranno altro che aumentare
odio e rancore."
Queste
dichiarazioni ci costringono a riflettere sul nostro ruolo e sulla
nostra responsabilità.
La sofferenza di Gaza è una vergogna che ci riguarda direttamente. È
tempo di agire, di alzare la voce, di esigere giustizia e di lavorare
per la pace.
A
confermare e rafforzare questo appello è intervenuta anche la voce
del nuovo Papa, Leone XIV. Le sue prime parole da Pontefice,
pronunciate pochi secondi dopo la proclamazione, sono state semplici
ma colme di significato:
"Che
la pace sia con tutti voi."
È
da
lì che
ha scelto di cominciare: dalla pace. Non una pace diplomatica o
strategica, ma la pace dei cuori, la pace di Cristo.
Come ha lasciato intendere con forza, quella pace non è semplicemente il contrario della guerra: è il contrario dell’odio. E finché l’odio sarà il linguaggio dominante, l’orrore continuerà. Fermarlo richiede una scelta spirituale e culturale radicale.
Il suo messaggio interpella anche i leader politici, senza possibilità di ambiguità: devono smettere di pensare solo a se stessi, alle proprie carriere e fortune. Serve responsabilità. Serve il coraggio di vedere l’altro non come un potenziale nemico, non come un possibile membro di Hamas, ma come un figlio di Dio, come noi.
Questa visione deve guidarci anche nei nostri quartieri, nelle nostre città. In Europa – e specialmente, ahinoi, in Francia – si è tornati a dare la caccia agli ebrei per strada. È l’odio che vince, è la vergogna che ritorna. Gaza oggi non è più solo un luogo, ma un tragico giro di boa nella storia dell’umanità. E se non troviamo ora le forze culturali e spirituali per fermare questo scempio, nessuna civiltà potrà più dirsi tale.
Nel cristianesimo queste forze ci sono. Pizzaballa e Papa Leone XIV ce lo hanno ricordato. Con coraggio, con chiarezza. Ma qualcuno li ascolterà?
Noi non vogliamo che il male prevalga. Non vogliamo più provare vergogna ogni volta che accendiamo un notiziario.
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Luca
Costa
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