Hiroshima 80 anni dopo: la bomba dell’impero
Il 6 agosto 1945, alle ore 8:15 del mattino, l’Enola Gay, un bombardiere B-29 Superfortress statunitense sganciava su Hiroshima la prima bomba atomica della storia, “Little Boy”. Tre giorni dopo, toccava a Nagasaki. Due crimini senza precedenti, giustificati per decenni come “necessari” per porre fine alla Seconda guerra mondiale e “salvare vite” che sarebbero andate perse in caso d’invasione del Giappone. Un racconto rassicurante, utile a lavare le coscienze, ma che regge sempre meno.
Un racconto propagandato anche nelle scuole pubbliche, come ricorda bene il sottoscritto. Una vera e propria circolare a tutti gli insegnanti nella prima metà degli anni 90 : dire agli scolari che gli USA furono costretti a utilizzare la bomba.
Ottant’anni dopo, la verità storica impone un’altra lettura: gli Stati Uniti non cercavano tanto la fine della guerra, quanto l’inizio di un’egemonia assoluta. Hiroshima fu il biglietto da visita del nuovo impero americano. Il messaggio era chiaro: gli USA non erano solo la potenza vincitrice della guerra, erano la potenza assoluta. E chiunque avesse avuto mire diverse – a cominciare dall’Unione Sovietica – avrebbe fatto bene a piegarsi.
Hiroshima come atto fondativo dell’impero americano
Alla luce dei documenti oggi accessibili e degli studi storici più seri, risulta evidente che il Giappone fosse già in ginocchio nell’estate del 1945. I canali diplomatici per la resa erano aperti. Ma gli Stati Uniti avevano fretta. Non volevano una resa giapponese qualsiasi, volevano una resa totale, incondizionata, spettacolare.
Il bombardamento di Hiroshima non fu solo un atto militare: fu un’esibizione. L’uso della bomba atomica – il cui potere distruttivo era già ben noto, e testato, nel deserto del New Mexico – serviva a mostrare al mondo chi comandava. Non un gesto tragico e necessario, ma un atto politico di intimidazione globale. Una forma di diplomazia nucleare scritta col sangue di 140.000 civili, in gran parte donne, bambini e anziani.
La deterrenza non c’entra
Il mito della deterrenza nasce dopo. Quando la Guerra Fredda prende forma, gli strateghi americani riscrivono la storia: la bomba serviva a “prevenire la guerra”, a costruire un “equilibrio del terrore” che avrebbe garantito la pace. Ma nel 1945 non c’era equilibrio. C’era una sola superpotenza armata di atomica. L’URSS non aveva ancora nulla. Quel che volevano gli americani non era dissuadere, ma dominare.
Parlare oggi di Hiroshima come un “male necessario” è una forma di revisionismo imperiale. È la giustificazione morale di un crimine compiuto non per difendersi, ma per imporsi. Gli Stati Uniti hanno usato la bomba perché potevano. E perché volevano inaugurare l’era americana con un colpo di teatro terrificante. Il mondo doveva inchinarsi. Chi non lo faceva, avrebbe fatto la fine di Hiroshima.
L’equilibrio fu possibile solo grazie all’URSS
Fu l’Unione Sovietica a spezzare l’illusione americana dell’onnipotenza. Con l’atomica in mano anche ai sovietici, il mondo entrava davvero nell’era della deterrenza. E, per quanto assurdo possa sembrare, fu proprio la paura reciproca della distruzione totale a impedire che l’atomica fosse usata di nuovo. È paradossale, ma l’equilibrio nucleare funzionò.
Solo con la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS, gli Stati Uniti tornarono ad agire da potenza senza contrappesi. Da allora non si contano le guerre “umanitarie”, le esportazioni di democrazia, gli interventi unilaterali, le basi militari ovunque nel mondo e la continua modernizzazione dell’arsenale atomico sono stati il segno tangibile che la lezione di Hiroshima non è stata appresa. Anzi: è diventata dottrina.
Conclusione: Hiroshima ci riguarda ancora
Oggi, a ottant’anni di distanza, ricordare Hiroshima significa smascherare la retorica americana della libertà, della pace e della democrazia. Significa dire chiaramente che l’uso della bomba fu un atto di orrore imperiale, non un gesto disperato. E che solo la corsa agli armamenti dell’URSS ha impedito che il mondo finisse sotto il tacco atomico di una sola superpotenza.
Chi oggi continua a guardare agli Stati Uniti come baluardo della civiltà occidentale dovrebbe ricordare Hiroshima. Non per pietà, ma per lucidità.
LUCA COSTA
PONTE ARCOBALENO: LUCA COSTA: una voce del pensiero alternativo
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