lunedì 11 agosto 2025

Alaska calling

 Alaska calling: al tavolo con Putin e Trump dovremmo esserci noi, non Zelensky


Mercoledì, in Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno per discutere della guerra in Ucraina. I nostri media, mai così zelanti nel loro ruolo di megafono della NATO e di badanti dellUnione Europea, continuano a ripetere come un rosario: Deve esserci anche Zelensky!. Per fare cosa? Per recitare il solito copione, chiedere altre armi, altri soldi e altre vite altrui?

Quello che nessuno in Europa vuole ammettere è che la NATO, negli ultimi trentanni, ha avanzato come un bulldozer fino a ridosso della Russia, violando ogni impegno preso e trattando Mosca come un nemico da umiliare e accerchiare. LUE, invece di fare da contrappeso diplomatico, ha scelto di essere la cameriera con il grembiule dellAlleanza Atlantica, servendo guerre e sanzioni come fossero aperitivi.

Intanto, lUcraina non recupererà mai Crimea e Donbass. Quelle terre sono russe per storia, lingua e cultura molto più di quanto siano ucraine. Questa non è un’opinione: è un fatto storico che in Europa si preferisce ignorare, perché riconoscerlo significherebbe ammettere che tutta la retorica fino alla vittoria ucraina” è una menzogna sanguinosa.

E chi paga questa menzogna? Noi.
Non Zelensky, che gira in felpa militare chiedendo miliardi come fossero noccioline. Non Ursula von der Leyen, che firma assegni e pacchetti di sanzioni incurante delle conseguenze sui nostri carrelli della spesa e le nostre bollette. Non i nostri governi, che si riempiono la bocca di solidarietà” mentre svuotano le nostre tasche.

La paghiamo noi:
- Con le tasse, trasformate in missili e carri armati, di cui il governo Meloni non ci dice né il numero né il modello.
- Con i prezzi gonfiati da una grande distribuzione che ha colto la crisi energeticacome scusa perfetta per far cassa.
- Con carburante e riscaldamento diventati beni di lusso, mentre ci ripetono che dobbiamo fare sacrifici per la libertà”.
- Con uninflazione che ci sta rosicchiando i risparmi, mentre i banchieri di Bruxelles si preoccupano più delle frontiere ucraine che dei conti correnti europei.

E poi il colpo di genio: Mario Draghi, nel 2022, chiede se preferiamo la pace o il condizionatore. Una domanda truffaldina, perché nessuno ci ha mai dato la terza opzione: vivere. Vivere del nostro lavoro, con il pieno di diesel pagato a prezzo decente, laria fresca destate e il riscaldamento dinverno.

Perché la verità è questa: a noi dellUcraina nella NATO non importa nulla. Quello che ci importa è che la guerra finisca. Perché non vogliamo continuare a pagare con il nostro tenore di vita una guerra per procura decisa altrove, combattuta da altri e vinta comunque vada solo da chi specula sul sangue.

Perciò, mercoledì, in Alaska, non dovrebbe esserci Zelensky.
Dovremmo esserci noi: la classe media europea, derubata e umiliata. Noi che abbiamo pagato la festa di altri, mentre i padroni della NATO banchettano e lUE sparecchia i piatti. Noi che non vogliamo essere sudditi di Washington, né carne da cannone per Kiev, né spettatori paganti di un disastro che non abbiamo scelto.

E forse, se ci fossimo noi, diremmo una cosa semplice a Zelensky e a Trump: Basta. E poi torneremmo a casa, a fare quello che l’Europa non vuol più lasciarci fare : vivere.

LUCA COSTA

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