mercoledì 19 agosto 2020

Un santo contro la schiavitù

Agobardo (779 ca – 840) fu arcivescovo di Lione durante il regno dell’imperatore Ludovico il Pio e fu anche un intellettuale di vasta cultura per quell’epoca, autore di opere didascaliche e dottrinali che testimoniano di una appassionata partecipazione ai temi di discussione del suo tempo. Abbiamo una biografia di Agobardo negli Acta Sanctorum anche se non ci sono notizie precise circa la sua canonizzazione, comunque la tradizione popolare lo ricorda come Sant’Agobardo di Lione e la sua festa è fissata il 6 giugno. Le opere di Agobardo sono state pubblicate nei Monumenta Germaniae Historica, nella Patrologia Latina e nel Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis.

Spiccano fra le sue opere i cinque scritti antisemiti di cui si propone la traduzione italiana in questa pubblicazione. Le opere in questione riportano le ben note obiezioni dottrinali che la pubblicistica cristiana opponeva all’Ebraismo. Tuttavia in Agobardo emerge una particolare acrimonia verso il “popolo eletto” derivante anche da contingenze di cui lui stesso ha fatto esperienza. In particolare questi scritti aprono un sorprendente spaccato di storia sociale del IX secolo. Com’è noto il Cristianesimo ha abolito la schiavitù, almeno per i battezzati, ma la scomparsa della schiavitù è stata lenta e alquanto differenziata nel tempo e nello spazio. Sappiamo che per tutto il medioevo si è fatto commercio di schiavi: in generale le religioni monoteiste proibivano di fare schiavo un correligionario, ma abbiamo testimonianza del fatto che i mercanti di schiavi ebrei vendevano anche i fedeli della loro stessa religione: Agobardo riferisce il caso di una donna ebrea schiava di ebrei che chiede il battesimo. Il grosso degli schiavi nell’Europa continentale era costituito dai “pagani” (“ethnici” nel testo latino). Per “pagani” si devono intendere tutte le popolazioni che non appartenevano ad una delle tre religioni monoteiste, si trattava soprattutto delle popolazioni slave che a quell’epoca non erano ancora cristianizzate. Il problema che angosciava Agobardo era di offrire la possibilità del battesimo, e quindi della libertà, agli schiavi che chiedevano di entrare nella comunità cristiana. Da quanto ci racconta l’arcivescovo di Lione il commercio di schiavi gestito da mercanti ebrei era fiorente e talvolta la “merce” era costituita da bambini rapiti dalle famiglie e portati lontano, soprattutto in Spagna dove evidentemente le autorità musulmane rendevano più facile il commercio di esseri umani.

Il quadro che ci descrive Agobardo è quello di una comunità ebraica molto vicina agli ambienti del potere e che attirava la frequentazione dei cristiani non solo per motivi commerciali ma anche culturali. Agobardo parla di una figura che definisce “magister Judaeorum”, si tratta di un funzionario imperiale che aveva il compito di fare da referente dell’autorità imperiale presso gli ebrei che vivevano nei confini dell’Impero; questa espressione nella presente traduzione è stata resa con “intermediario della comunità ebraica”.

I testi sono stati disposti a partire dal più antico secondo il probabile ordine cronologico che gli studiosi hanno stabilito e che si collocherebbe negli anni 823-828.

Gli scritti antisemiti di Agobardo costituiscono un’importante pietra miliare nella storia della questione ebraica, tanto più per un’epoca come quella altomedievale così avara di documentazione.



Nessun commento:

Posta un commento

Israele contro i Cristiani

 Cisgiordania: Israele contro i cristiani Nel cuore della Cisgiordania, a pochi chilometri da Ramallah, sorge Taybeh, l’ultimo villaggio ...