martedì 25 agosto 2020

Il castigo della democrazia

Una classe dirigente sedicente “liberale” si accaparra il consenso delle masse con elezioni pilotate e solleticando i bassi istinti degli individui per mezzo di droghe e spettacoli di infimo livello…
Alcune persone si pongono il problema di costruire una società più civile e per questo vengono accusate di seminare odio e violenza, e vengono vessate con leggi liberticide…
I cittadini della Federazione Europea suggellano la loro unione cantando l’inno della Nona di Beethoven…
Una micidiale epidemia stermina la popolazione falcidiando gli individui più deboli, soprattutto quelli già ricoverati in ospedale…
Ai quattro angoli della terra si accendono scontri razziali…
E’ la scaletta di un telegiornale del 2020 ?
Niente affatto!
Si tratta degli elementi della trama di uno straordinario racconto distopico di Daniel Halévy, scritto nel 1903: Histoire de quatre ans, 1997-2001.
Il testo fu tradotto in italiano per la prima volta nel 1911 con un titolo suggestivo: Il castigo della democrazia.
Una traduzione più recente a cura delle Edizioni di Ar è apparsa col titolo Storia di quattro anni. 1997-2001.
C’è da chiedersi che cosa aspettino i registi a realizzare una versione cinematografica di questo libro profetico!
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Daniel Halévy, Storia di quattro anni. 1997-2001, Edizioni di Ar, 2009
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mercoledì 19 agosto 2020

Un santo contro la schiavitù

Agobardo (779 ca – 840) fu arcivescovo di Lione durante il regno dell’imperatore Ludovico il Pio e fu anche un intellettuale di vasta cultura per quell’epoca, autore di opere didascaliche e dottrinali che testimoniano di una appassionata partecipazione ai temi di discussione del suo tempo. Abbiamo una biografia di Agobardo negli Acta Sanctorum anche se non ci sono notizie precise circa la sua canonizzazione, comunque la tradizione popolare lo ricorda come Sant’Agobardo di Lione e la sua festa è fissata il 6 giugno. Le opere di Agobardo sono state pubblicate nei Monumenta Germaniae Historica, nella Patrologia Latina e nel Corpus Christianorum Continuatio Mediaevalis.

Spiccano fra le sue opere i cinque scritti antisemiti di cui si propone la traduzione italiana in questa pubblicazione. Le opere in questione riportano le ben note obiezioni dottrinali che la pubblicistica cristiana opponeva all’Ebraismo. Tuttavia in Agobardo emerge una particolare acrimonia verso il “popolo eletto” derivante anche da contingenze di cui lui stesso ha fatto esperienza. In particolare questi scritti aprono un sorprendente spaccato di storia sociale del IX secolo. Com’è noto il Cristianesimo ha abolito la schiavitù, almeno per i battezzati, ma la scomparsa della schiavitù è stata lenta e alquanto differenziata nel tempo e nello spazio. Sappiamo che per tutto il medioevo si è fatto commercio di schiavi: in generale le religioni monoteiste proibivano di fare schiavo un correligionario, ma abbiamo testimonianza del fatto che i mercanti di schiavi ebrei vendevano anche i fedeli della loro stessa religione: Agobardo riferisce il caso di una donna ebrea schiava di ebrei che chiede il battesimo. Il grosso degli schiavi nell’Europa continentale era costituito dai “pagani” (“ethnici” nel testo latino). Per “pagani” si devono intendere tutte le popolazioni che non appartenevano ad una delle tre religioni monoteiste, si trattava soprattutto delle popolazioni slave che a quell’epoca non erano ancora cristianizzate. Il problema che angosciava Agobardo era di offrire la possibilità del battesimo, e quindi della libertà, agli schiavi che chiedevano di entrare nella comunità cristiana. Da quanto ci racconta l’arcivescovo di Lione il commercio di schiavi gestito da mercanti ebrei era fiorente e talvolta la “merce” era costituita da bambini rapiti dalle famiglie e portati lontano, soprattutto in Spagna dove evidentemente le autorità musulmane rendevano più facile il commercio di esseri umani.

Il quadro che ci descrive Agobardo è quello di una comunità ebraica molto vicina agli ambienti del potere e che attirava la frequentazione dei cristiani non solo per motivi commerciali ma anche culturali. Agobardo parla di una figura che definisce “magister Judaeorum”, si tratta di un funzionario imperiale che aveva il compito di fare da referente dell’autorità imperiale presso gli ebrei che vivevano nei confini dell’Impero; questa espressione nella presente traduzione è stata resa con “intermediario della comunità ebraica”.

I testi sono stati disposti a partire dal più antico secondo il probabile ordine cronologico che gli studiosi hanno stabilito e che si collocherebbe negli anni 823-828.

Gli scritti antisemiti di Agobardo costituiscono un’importante pietra miliare nella storia della questione ebraica, tanto più per un’epoca come quella altomedievale così avara di documentazione.



martedì 18 agosto 2020

Nietzsche filosofo e politico

La traduzione di Nietzsche filosofo e politico di Alfred Baeumler è un lavoro quanto mai opportuno per stimolare la riflessione sul pensatore della “morte di Dio”, riflessione che spesso rischia di fermarsi alle cristallizzazioni delle interpretazioni consolidate o, peggio ancora, di invischiarsi nella melma della “correttezza politica”.

Alfred Baeumler è considerato il maggior interprete nazionalsocialista di Nietzsche e tanto basta a renderlo infrequentabile per gli intellettuali impegnati nella costruzione del consenso al regime mondialista. Tuttavia la lettura di questo testo è assolutamente significativa per l’esegesi del pensiero nietzscheano: il testo di Baeumler è una miniera di informazioni utili per gli studiosi odierni, sebbene contenga alcuni elementi relativi alle contingenze dell’epoca in cui fu scritto (1931) .

Baeumler focalizzava l’attenzione dei lettori sugli aspetti di critica al Cristianesimo che erano fin dall’inizio oggetto di ridimensionamento e di interpretazioni “buoniste”, fra cui quella della sorella di Nietzsche che cercava, con atteggiamento patetico, di smorzare i toni della polemica anticristiana per non urtare i lettori “moderati”. Baeumler evidenziava come la critica del Cristianesimo si concretizzasse in una radicale avversione alla morale borghese-umanitaria, segno distintivo delle democrazie liberali.

Baeumler anticipava con straordinaria preveggenza gli esiti neototalitari che la democrazia avrebbe sviluppato, e citando un passo di Umano, troppo umano immaginava lo spaventoso scenario di omologazione e di asservimento realizzato oggi dall’Unione Europea.

Dal testo di Baeumler, Nietzsche emerge con la statura di un fondatore di religioni, come un profeta del neopaganesimo che libera le coscienze dal peso opprimente del peccato originale e del complesso di colpa.

Particolarmente interessanti sono le considerazioni sui rapporti fra Nietzsche e l’illuminismo. Se Nietzsche appare vicino a Voltaire per la critica corrosiva e dissacrante della metafisica cristiana, il filosofo sassone è infinitamente lontano da Rousseau, maestro del risentimento moralizzatore che ha generato la mentalità compassionevole e femminea dell’egualitarismo moderno.

Alcune parti del libro prendevano in esame il pensiero di Nietzsche in riferimento alle idee del nazionalismo tedesco. Queste pagine, meno coinvolgenti per il lettore contemporaneo, sono tuttavia un interessante documento della mentalità dell’epoca e dello sviluppo del pensiero politico. In ogni caso Baeumler sottolinea come il filosofo della volontà di potenza non fosse riconducibile sic et simpliciter alle applicazioni operative della politica.

Il traduttore Luigi Alessandro Terzuolo ha aggiunto al volume una sua postfazione con illuminanti considerazioni sul testo e sul suo autore. Il libro contiene anche un indice tematico molto utile per orientarsi nel labirintico pensiero di Nietzsche.

Il testo di Baeumler, reso facilmente accessibile al pubblico italiano da questa traduzione, rappresenta un importante punto di riferimento per offrire nuovo dinamismo agli studi su Nietzsche, autore che si presta sempre a interpretazioni di rinnovata originalità.

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Alfred Baeumler, Nietzsche filosofo e politico, Edizioni di Ar, 2003


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La classe disagiata

Teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, è un interessante libro dedicato al disagio causato dalla disoccupazione intellettuale. Il titolo è ispirato al celebre classico La teoria della classe agiata, dell’economista Thorstein Veblen. In tutto l'Occidente, e soprattutto in Italia, c'è un esercito di laureati che non trova un'occupazione rispondente alla preparazione acquisita, un problema che riguarda spesso i laureati in discipline umanistiche, ma non solo. Il libro di Ventura fotografa la situazione in modo lucido e disincantato, senza nascondere i rischi imminenti di un'apocalisse economico-sociale.

Ventura dichiara apertamente la sua simpatia per le ideologie progressiste, le quali tuttavia sono proprio le responsabili di questa situazione assurda. Non è un mistero per nessuno, nemmeno per Ventura, che l'egemonia culturale della sinistra sia pressoché totale (e totalitaria, aggiungiamo noi). Con abbondanza di citazioni di stampo marxista l'autore ci guida in un percorso esegetico più o meno convincente, a seconda dei punti di vista, e talvolta anche un po' raffazzonato: nel libro si segnalano una spiegazione dell'antisemitismo nazista piuttosto infantile, e una interpretazione dell'origine e del ruolo sociale degli Zingari alquanto fantasiosa...

Ovviamente l’autore agita sullo sfondo le grandi paure per la diffusione di idee populiste/sovraniste/razziste, che secondo la propaganda globalista minacciano il quieto vivere delle società “democratiche”. In realtà quel “quieto vivere” è ormai un lontano ricordo e lo stesso Ventura è perfettamente consapevole che l'Occidente è giunto alla fase del cannibalismo sociale.

Ventura, anche in virtù delle sue premesse ideologiche non è in grado di fornire soluzioni a questi problemi, ma leggendo tra le righe si intuisce la strada che può prendere la frustrazione delle fasce di popolazione più istruite. In buona sostanza oggi abbiamo schiere di laureati, spesso con brillanti qualità nelle discipline di competenza, che per guadagnarsi da vivere fanno i mestieri più umili. E' un quadro desolante, però l'insoddisfazione intellettuale è anche il motore dei grandi cambiamenti storici: se questi giovani prendono coscienza delle loro potenzialità rivoluzionarie possono riuscire ad abbattere il sistema.

Pertanto si coglie nel libro di Ventura proprio il timore che questo vulcano di energie intellettuali possa risvegliarsi e dar vita a un movimento di contestazione che sarebbe l’immagine speculare del ‘68 e che porterebbe alla ghigliottina i parrucconi reazionari che difendono lo status quo, ovvero il regime mondialista, caratterizzato dall’immobilismo sociale e dalla difesa delle rendite di posizione delle oligarchie, il tutto sotto la maschera ipocrita dei diritti umani.

Indubbiamente molti sono ancora tentati dalle sirene del conformismo, del servilismo, della sottomissione, e il potere all’occorrenza non manca di mostrare i muscoli contro i dissidenti. Ma a fronte di un sistema che ormai non riesce a offrire più nulla a nessuno non c’è molto da perdere, e tanto vale cercare soluzioni alternative. Nella grande massa di giovani laureati disoccupati o sottoccupati ci sono le competenze per inceppare gli ingranaggi della macchina infernale. Dalle verità storiche imposte per legge alle scemenze della teoria “gender”, dalle questioni razziali al signoraggio bancario, dalla manipolazione dell’informazione alle trame occulte del potere: il mondo in cui viviamo è tutto basato su menzogne inaudite che aspettano solo di essere smascherate.

I giovani sono per loro natura portati alla ribellione, e non dimentichiamo che... la fortuna aiuta gli audaci !

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Raffele Alberto Ventura, Teoria della classe disagiata, Minimum Fax 2017, pp.262


Israele contro i Cristiani

 Cisgiordania: Israele contro i cristiani Nel cuore della Cisgiordania, a pochi chilometri da Ramallah, sorge Taybeh, l’ultimo villaggio ...