lunedì 31 gennaio 2022

I Superiori Sconosciuti

 

Le teorie del complotto che indagano su quel male assoluto rappresentato dalla globalizzazione hanno alle spalle una lunga storia che parte dalle teorizzazioni dell’abate Barruel a fine ‘700, per arrivare agli attuali piani mondialisti.


Un punto di snodo di grande importanza nella formulazione di queste teorie è rappresentato dagli studi che René Guénon ha dedicato all’argomento pubblicando articoli sulla stampa antimassonica, articoli che i lettori moderni possono trovare agevolmente in una ristampa: AA VV, La polémique sur les “Supérieurs Inconnus”, Archè, Milano 2003, pp.208. Il volume comprende anche testi di altri autori che trattavano il tema dei “Superiori Sconosciuti”: Louis Dasté, Gustave Bord, Benjamin Fabre, Charles Nicoullaud, Papus, Paul Copin-Albancelli.


Inoltre esiste uno studio monumentale di Louis de Maistre dedicato all’argomento: L’Énigme René Guénon et les “Supérieurs Inconnus”. L’autore ha effettuato un lavoro di ricerca sulle fonti che utilizzavano gli autori coinvolti nella polemica antimassonica. Le riviste che in Francia portavano avanti questa meritoria battaglia civile erano: La Bastille, La France Antimaçonnique, Mysteria, Revue Internationale des Sociétés Secrétes. Guénon scriveva su queste pubblicazioni con lo pseudonimo di “Le Sphinx”. Il dibattito sui temi in questione era animato principalmente dal mondo cattolico conservatore, ma vi contribuivano anche esoteristi come Guénon, e perfino ex massoni e spiriti laici infastiditi dal settarismo delle logge.


Le discussioni erano spesso imperniate sul tentativo di individuare i “Superiori Sconosciuti”, ovvero i personaggi che tiravano i fili dei burattini all’interno della massoneria, eventualmente tramite “logge coperte”, e che talvolta venivano indicati in persone in carne ed ossa, come Cagliostro o il Conte di Saint Germain, oppure venivano identificati negli ebrei, o nel diavolo stesso o, più verosimilmente, nell’insieme di idee-guida che ispiravano le logiche della sovversione. Si ipotizzava anche che gli “iniziati” avessero la facoltà di riunirsi “in astrale”, ovvero in una dimensione ultraterrena e non corporea nella quale avrebbero avuto modo di coordinare la loro azione sulla società.


Lo spunto per la riflessione nasceva da uno studio di Benjamin Fabre: Franciscus, Eques a capite galeato. Si trattava di un saggio, pubblicato nel 1913, dedicato al marchese di Chefdebien, un alto iniziato che aveva cominciato la sua carriera massonica nella fase preparatoria della Rivoluzione francese per proseguirla sotto l’Impero. Lo studio di Fabre mostrava come Napoleone pensasse di controllare la massoneria introducendo i suoi ufficiali nelle logge, mentre in realtà era la massoneria che controllava l’Imperatore dei Francesi!


Le ricerche mettevano in luce i legami tra le logge francesi e gli “Illuminati di Baviera” di Weishaupt, nonché le ipotesi sul centro di potere ebraico che agiva attraverso la massoneria.


A partire da questi dati comincia la ricerca di Louis de Maistre, che indaga sul problema sempre aperto delle fonti di Guénon, che il filosofo francese lasciava volutamente nell’ombra, sia per affascinare il lettore col suo stile ermetico, sia perché era convinto di esprimere verità tradizionali il cui valore era indipendente dalla personalità di chi le esprimeva. I più ardenti sostenitori di Guénon ritengono che l’opera del pensatore di Blois sia il più importante avvenimento culturale dalla fine del medioevo, ma anche senza arrivare a sostenere questa tesi occorre riconoscere che Guénon è una guida autorevole nel terreno scivoloso della storia occulta.


Guénon negli articoli in questione attaccava la massoneria adeguandosi allo stile delle riviste su cui scriveva, tuttavia in opere successive articolò il suo giudizio sui liberi muratori, criticando le deviazioni moderne delle logge. C’è anche chi ha sostenuto che Guénon sarebbe stato una sorta di cavallo di Troia all’interno del mondo cattolico col compito di diffondere una mentalità più favorevole all’occultismo, ma secondo Louis de Maistre questo giudizio sembra discutibile poiché nel complesso la critica alla modernità di Guénon è simile a quella della cultura cattolica tradizionalista.


Nel periodo della collaborazione a La France Antimaçonnique, Guénon era in relazione con un personaggio enigmatico: Swami Narad Mani. Si trattava di un induista che avrebbe passato a Guénon della documentazione sulla teosofia che il filosofo avrebbe ampiamente utilizzato nel suo corrosivo saggio contro il sistema di pensiero di Mme Blavatsky.


I testi di Narad Mani non sono particolarmente originali, e sostanzialmente riportano dati che potevano essere attinti da altre fonti. Inoltre Narad Mani era un sostenitore dello spiritismo, che era invece avversato da Guénon. Tuttavia alcune idee dello studioso indù devono aver influenzato la cultura esoterica, in particolare la tesi dell’esistenza di 33 logge dirette da un “Comitato occulto”. Si trattava di un’idea presente anche in Taxil: le 33 logge attraverso le quali i luciferiani governavano il mondo!

Le fonti indiane menzionavano anche la Teshu Maru, un’organizzazione iniziatica degenerata che avrebbe fatto da supporto alla controiniziazione: ipotesi che eccitavano le fantasie dei cospirazionisti…


È a questo punto che l’indagine verte sulla figura di Saint-Yves d’Alveydre che fornì a Guénon lo spunto per scrivere una delle sue opere più fortunate: Il Re del Mondo. L’idea di un regno sotterraneo governato da idee utopiche non era nuova, e sarà ripresa da Ossendowski nel suo celebre saggio Bestie, uomini e dèi. Ossendowski qualificava la misteriosa figura del “Re del Mondo” come “Grande Sconosciuto”, un appellativo inquietante che quasi richiamava aspetti anticristici. Saint-Yves a sua volta si ispirava a Hardjji Scharipf Bagwandas, un indù il cui stile somigliava a quello di Narad Mani. Il rapporto fra Saint-Yves e Scharipf è documentato a partire dal 1885, l’anno in cui esplode l’affare Taxil: una singolare coincidenza…

Nell’opera di Saint-Yves fanno capolino città infernali e comitati segreti che dirigono gli avvenimenti mondiali: gli ingredienti del sistema di potere mondialista cominciavano a entrare nell’immaginario del mondo intellettuale. Inoltre Scharipf era verosimilmente un esperto della “via della mano sinistra”, la pratica tantrica che utilizzava stregoneria, negromanzia e magia sessuale come metodi per indebolire la personalità. Erano concezioni che trovavano riscontro in certe correnti della Cabala ebraica che influenzeranno notevolmente la classe dirigente massonica.


Louis de Maistre individua altre fonti che hanno alimentato la misteriosa leggenda dell’Agartha: il pittore austriaco Alfred Kubin (1877-1959) dipingeva soggetti di carattere infernale che ispiravano la visione di un mondo in via di dissoluzione e in preda alla violenza. Kubin aveva scritto anche il romanzo Die andere Seite in cui descriveva un reame misterioso situato nel Turkestan e circondato da una “Grande Muraglia”: si tratta di temi che presentano analogie con quelli trattati da Guénon e da Ossendowski. Ne Il Re del Mondo Guénon sosteneva che il satanismo consisteva proprio nella identificazione del “Re del Mondo” col princeps hujus mundi, ovvero nella confusione fra l’aspetto luminoso e l’aspetto tenebroso. Si trattava evidentemente di idee diffuse nel dibattito culturale, legate ai sentimenti di smarrimento che attanagliavano l’opinione pubblica in quell’epoca di incipienti cambiamenti sociali ed economici, oggi elevati all’ennesima potenza dalla globalizzazione.


Guénon partecipò anche alle attività di un gruppo detto dei “Polari”; si trattava di una associazione esoterica che si ispirava agli oracoli di Padre Giuliano, un eremita che viveva a Bagnaia, presso Viterbo, nei primi anni del ‘900. A questa figura si facevano risalire una serie di dati fantasiosi e non verificabili che tuttavia presentano somiglianze con quelli trattati da Saint-Yves e da Guénon.


Lo studio di Louis de Maistre cerca anche di approfondire l’eterno dilemma su cui discutevano e discutono ancor oggi i complottisti: la massoneria è nata autonomamente o è una creazione della comunità ebraica? Probabilmente la domanda è destinata a restare senza risposta: se è vero che sono testimoniate influenze ebraiche fin dal XVII secolo nell’entourage di Cromwell, tuttavia gli ebrei sono presenti in scarso numero nelle logge all’inizio del XVIII secolo, e probabilmente gli ebrei massoni di quest’epoca erano visti con sospetto dai loro stessi correligionari.


Quello che si può documentare è la diffusione delle idee nate negli ambienti ebraici ispirati alle teorie di Sabbatai Tsevi e di Jakob Frank, che indicavano una “via della mano sinistra” in cui il vizio e il peccato erano la strada per raggiungere la salvezza. I seguaci di tali teorie erano verosimilmente organizzati in strutture segrete simili a quelle massoniche, nel comune intento di offrire alle masse l’illusione della libertà, con lo scopo di asservirle a un potere assai più cinico e dispotico di quello dal quale affermavano di liberarle.


Nella Cabala il contatto con forze demoniache aveva acquisito sempre maggiore importanza nel corso del tempo: gli studiosi di questa disciplina ebraica erano esperti nella manipolazione di residui psichici, e l’applicazione di tali teorie nel mondo massonico è testimoniata dal sistema degli “Eletti Coen” fondato da Martinez de Pasqually nel 1754. Lo stesso Cagliostro a Londra ebbe contatti con Ba’al Chem, un discepolo di Tsevi.


I seguaci di Tsevi e di Frank agivano come veri e propri missionari della sovversione, infiltrandosi nelle logge massoniche in modo più o meno palese, ma condizionandone le dottrine in maniera decisiva. Jakob Frank prefigurava l’avvento di un “mondo nuovo” caratterizzato da un “Grande Fratello” e da un “messia femminile”, concezioni che sembrano avere spaventose consonanze con la realtà contemporanea…


Nella lunga marcia della sovversione ebbero grande importanza le teorie teosofiche di Mme Blavatsky: in particolare la teoria dei Mahatma richiama l’idea dei “Superiori Sconosciuti”. Il teosofismo influenzò gli ambienti risorgimentali italiani, soprattutto Mazzini e la Carboneria. Fra gli italiani che ebbero contatti con la teosofia c’erano Giacinto Bruzzesi, Adriano Lemmi, Marco Antonio Canini, tutti personaggi abili ed esperti nel condurre operazioni occulte e defilate.


Alle idee teosofiche si ispirava anche Djamal ad-Din al Afghani, che si adoperò nel mondo islamico per una riforma religiosa ispirata a concezioni protestanti e per la diffusione di idee moderniste e socialisteggianti.


Si sviluppava quindi un sotterraneo lavoro di lavaggio del cervello e di manipolazione psichica che si estendeva attraverso nazioni e continenti, un lavoro di cui la Società Teosofica era in qualche modo l’aspetto visibile e istituzionale. Il piano, accuratamente preparato, spazzava via dalle coscienze ogni traccia di ordine positivo, attuando le direttive spirituali puramente distruttive di Jakob Frank. Si creava quindi un meccanismo di automazione sociale di cui le masse non erano minimamente consapevoli, e di questo sistema sono signori gli “iniziati” che governano le nazioni come veri e propri missi dominici della controiniziazione. Nel XXI secolo l’umanità sta assistendo a ulteriori angoscianti applicazioni di questo sistema ormai ampiamente collaudato…


I cospirazionisti cercavano anche localizzazioni geografiche dei centri della controiniziazione, che spesso venivano indicati in luoghi dell’Oriente, più o meno estremo. Guénon riteneva che la Mongolia fosse uno dei centri di irradiazione privilegiati delle influenze maligne, e la diffusione del manicheismo fra alcune popolazioni orientali sembrava confermare queste tesi. Lo stesso Guénon, inoltre, aveva accennato all’esistenza di torri diaboliche, alcune delle quali situate nelle steppe della Russia centrale.


L’instaurazione del regime comunista in Russia confermava le tesi dei cospirazionisti, e la letteratura complottista individuava personaggi considerati “minori” dalla grande storia, ma che avevano avuto ruoli importanti nella diffusione delle “idee nuove”. In ambiente russo a cavallo fra ‘800 e ‘900 era attivo Agwan Dorjiev, un lama buddhista che aveva una qualche influenza nell’ambiente zarista e che forse era implicato in attività di spionaggio i cui intenti non erano ben chiari. In seguito lo stesso Dorjiev sarà vittima delle epurazioni staliniane e morirà in prigione nel 1938. Anche in questo caso sembra di poter arguire che dietro il mascheramento buddhista ci fossero idee progressiste e universaliste di tipo teosofico.


Le teorie sulla provenienza orientale degli agenti della controiniziazione trovavano terreno fertile anche in una diffusa paura per una imminente invasione asiatica in Europa: all’inizio del ‘900 esisteva una letteratura diffusa che prospettava ipotesi di questo genere.


Guénon inoltre sembra essere stato in contatto con individui che lavoravano per l’Intelligence Service britannico, e l’esoterista francese vedeva opportunamente nell’imperialismo inglese un potente mezzo di propagazione della sovversione democratica. In quel periodo personaggio di punta delle trame inglesi era Sir Basil Zaharoff, un cinico mercante d’armi che era fra i dirigenti della Vickers, colosso industriale degli armamenti; Zaharoff sembra aver avuto una qualche influenza nell’infiammare i nazionalismi balcanici che accenderanno la scintilla della Grande Guerra.


Gli anni giovanili di Zaharoff sono avvolti in un fitto mistero, e la sua improvvisa ascesa nel mondo dell’affarismo cosmopolitico fa intuire che il personaggio fosse introdotto nei più esclusivi ambienti delle forze occulte…


Lo stesso intellettuale fascista Giovanni Preziosi in un articolo del 1934 parlava di Zaharoff definendolo “l’uomo più misterioso del mondo”.


Le vicende di Zaharoff si intrecciano anche con quelle di Giuseppe Volpi, uomo d’affari veneto, famoso per essere stato l’artefice della Mostra del Cinema di Venezia. Volpi appoggiandosi alla Banca Commerciale Italiana gestiva fiorenti commerci nei Balcani, soprattutto in Serbia.


Questi personaggi sembrano aver operato secondo piani ben precisi, utilizzando alternativamente nazionalismo e internazionalismo, in modo da destabilizzare l’antico ordine sociale per far entrare l’umanità nell’era messianica del mondialismo.


Concezioni di questo genere venivano elaborate in ambienti massonici, e Louis de Maistre cita anche l’opera del calabrese Benedetto Musolino che teorizzava uno stato fondato su principi mosaici e talmudici: una vera e propria prefigurazione ante litteram del sionismo!


Infine lo studio di Louis de Maistre si sofferma sull’importanza dell’opera di Guénon nell’ambito dell’esoterismo e della storia occulta. Il Maestro del tradizionalismo non è usualmente preso sul serio in ambito accademico, e d’altra parte lo stesso Guénon detestava il mondo universitario. Tuttavia l’opera del pensatore di Blois offre ancora oggi un punto di vista originalissimo sulla storia occulta e suggerisce infiniti spunti di approfondimento: l’imponente saggio di Louis de Maistre è un ottimo contributo in questo senso.

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Louis de Maistre, L’Énigme René Guénon et les “Supérieurs Inconnus”. Contribution à l’étude de l’histoire mondiale “souterraine”, Archè, Milano 2004, pp.960



martedì 18 gennaio 2022

Il lavoro di loggia

 Per capire le trame occulte che fondano le strutture di potere del mondo contemporaneo è essenziale studiare la storia della Massoneria. Un ottimo punto di riferimento per approfondire la conoscenza di questa inquietante associazione è lo studio di Bernard Faÿ: La massoneria e la rivoluzione intellettuale del Settecento (Edizioni di Ar, Padova, 1999, pp.304).

Nel clima di rinnovamento culturale della Francia occupata dai tedeschi fu possibile un lavoro scientifico impensabile in un sistema “democratico”: Bernard Faÿ, allora direttore della Biblioteca Nazionale, fece trasferire nell’istituto che dirigeva gli archivi del Grande Oriente di Francia e li mise a disposizione degli studiosi. Faÿ aveva scritto nel 1935 la sua fondamentale opera sulla massoneria, e il suo libro era stato anche tradotto in italiano e pubblicato da Einaudi nel 1939. Naturalmente nello scenario “democratico” successivo alla seconda guerra mondiale il libro di Faÿ venne dimenticato, e lo stesso Faÿ dovette subire la via crucis delle persecuzioni che si abbatte su chi osa diffondere pensieri sgraditi ai poteri oligarchici. Oggi è nuovamente disponibile il volume del Faÿ grazie alla meritoria opera delle edizioni di Ar. Questa edizione contiene anche l’ampia recensione che Julius Evola scrisse per la rivista La Vita Italiana.

Il libro del Faÿ prende le mosse dal 1715, quando muore Luigi XIV°. Sotto il regno del Re Solela Franciaaveva raggiunto il culmine della potenza: sotto la guida sicura di questo sovrano la nazione aveva ottenuto grandi successi militari, ed era divenuta il faro culturale dell’Europa con una classe intellettuale ispirata all’ottimismo cristiano del filosofo Leibniz, che era stato chiamato a coordinare il sistema educativo francese, inoltre l’economia francese era cresciuta grazie alle misure protezionistiche del ministro delle finanze Colbert (oggi “colbertista” è considerato un insulto dagli oligarchi “democratici”). Il Re Sole, tuttavia, a causa del suo atteggiamento autoritario era mal visto da buona parte della nobiltà, e alla sua morte comincia a diffondersi in Francia un nuovo clima culturale. Il fenomeno che comincia a formarsi in Francia aveva il suo antecedente in Inghilterra, dove la nobiltà aveva dato scacco al re con la cacciata degli Stuart e l’arrivo al trono degli Hannover. Mentre nella maggior parte delle nazioni europee il sistema feudale reggeva ancora caratterizzandosi per un ruolo decisivo dei rispettivi sovrani, in Inghilterra cominciavano a delinearsi i presupposti della massificazione democratica.

Faÿ descrive alcuni personaggi che testimoniano del mutamento di mentalità che si delineava in Francia. Antoine Hamilton scrisse un libro di memorie che descriveva l’alta società dell’epoca: una nobiltà libertina e irresponsabile che stava venendo meno al suo ruolo di guida militare e sociale. Un’altra figura intellettuale che testimonia dei tempi nuovi era il conte Henri de Boulainvilliers. Costui aveva elaborato un sistema di pensiero piuttosto stravagante fondato sul determinismo astrologico e che prevedeva una posizione di preminenza della nobiltà di origine franca sulla popolazione francese di origine celtica e sullo stesso istituto della monarchia: l’opera di de Boulainvilliers piacerà agli illuministi perché minava il potere monarchico.

Sebbene la modernità abbia avuto il suo scoppio violento nella Rivoluzione Francese, è in Inghilterra che si elaborarono le idee rivoluzionarie: i philosophes illuministi francesi citano continuamente l’Inghilterra come punto di riferimento ideale. Nei paesi protestanti le idee “moderne” si trovavano la strada spianata dalla Riforma: dall’attacco alla Chiesa Cattolica si era facilmente passati a un vago deismo o a un aperto ateismo nelle classi sociali più colte, mentre fra i ceti più popolari il sentimento religioso si frammentava nella miriade di sette che caratterizza il cristianesimo protestante. Si cercava in particolare di diffondere l’idea che l’uomo è spinto dai desideri, dalle passioni, dai vizi, e da questi è spinto a lavorare e a guadagnare: si vede come si prefiguri in questo modo il mito produttivistico del pensiero liberal-marxista di cui è imbevuta la modernità. Uno specchio fedele dell’alta società inglese era il “club delle fiamme infernali”, i cui membri si proponevano di praticare il vizio come regola di vita, ostentando una particolare propensione alla sodomia… La sete di denaro diveniva dunque il valore supremo, e questa mentalità materialista totalmente avulsa da preoccupazioni di responsabilità sociale si rifletteva anche nel mondo dell’amministrazione statale dove la corruzione regnava sovrana (basti pensare che lo stesso Benjamin Franklin ebbe a dire che l’indipendenza degli Stati Uniti si sarebbe potuta ottenere corrompendo il parlamento e il governo inglesi utilizzando un quarto del denaro speso per la guerra). La società inglese del XVIII° secolo aveva realizzato quelle condizioni di corruzione morale e di degrado civile che preparano la strada alla “democrazia”. In questo clima clubs e associazioni di ogni genere propagandavano le idee nuove, e alcune di queste associazioni si richiamavano alle corporazioni dei muratori medievali. Nel 1717 quattro di questi gruppi si riunirono nella “Grande Loggia d’Inghilterra”: nasceva così la massoneria moderna, destinata a combattere la crociata alla rovescio della laicità. Fra i primi gran maestri della neonata istituzione ci fu Jean-Théophile Desaguliers, un pastore protestante di origine francese emigrato in Inghilterra. Desaguliers era un uomo di grande cultura e diede alla massoneria importanti indirizzi dottrinali, fra i quali spicca una particolare considerazione per la figura di Caino, mentre Abele viene dimenticato: vediamo ancora oggi quanto la classe dirigente delle “democrazie” conti fra le sue priorità l’apologia del crimine. Ma quel che è più importante è che si delinea il concetto di “fratellanza” massonica; i massoni infatti affermano di rispettare le leggi del luogo in cui vivono, ma riconoscono la fratellanza che li lega come un valore superiore a qualsiasi altro. Questa è l’intima radice ideologica dell’internazionalismo contemporaneo: non un rapporto di reciproco rispetto fra i popoli, ma un segreto patto fra gli “iniziati” che governano le nazioni.

Le logge massoniche, allora come oggi, si caratterizzavano per i rituali bizzarri e per i riferimenti alle più svariate mitologie e religioni che vengono gettati alla rinfusa nel ciarpame dell’esoterismo massonico. È comprensibile che all’epoca la cosa potesse avere il fascino della novità: un giovane colto e benestante di quel tempo poteva essere sedotto dall’atmosfera di mistero e dagli altisonanti titoli che venivano conferiti nelle logge. Questo spiega in parte lo straordinario successo che l’associazione ebbe nel XVIII° secolo: in Francia la massoneria conosce grande diffusione, anche perché il cattolicesimo francese era debole e diviso da controversie teologiche. In Spagna, in Portogallo e negli antichi stati italiani, invece, la massoneria trova notevoli difficoltà, sia per una maggior tenuta della società feudale, sia per la pronta reazione del papa Clemente XII° che nel 1738 lanciò la scomunica contro chi aderiva alla massoneria.

La massoneria si diffonde rapidamente anche nelle colonie inglesi del Nuovo Mondo, e qui si assiste ad una prima prova di operatività su grande scala dell’istituzione. Indubbiamente l’indipendenza delle colonie americane era scritta nella forza delle cose: l’Inghilterra non poteva pretendere di tenere sotto il suo dominio un intero continente sito dall’altra parte del globo. Tuttavia è altrettanto indubbio che la nascita degli Stati Uniti ha avuto una forte impronta massonica, infatti molti dei padri fondatori che scrissero la dichiarazione d’indipendenza erano massoni, e massoni erano i due più importanti artefici della guerra d’Indipendenza: Benjamin Franklin e George Washington (quest’ultimo si fece ritrarre più d’una volta in pose massoniche). La celebre giornata che diede inizio alla Rivoluzione Americana fu una giornata massonica: gli uomini travestiti da pellerossa che gettarono in mare le casse di tè erano i membri della Loggia di Sant’Andrea, che si riuniva alla «Taverna del Drago Verde e alle Armi della Massoneria». Gli eserciti feudali dopo una vittoria facevano cantare il Te Deum, Washington, dopo le vittorie, sfilava con i paramenti massonici. Franklin, che si occupava della parte diplomatica della Rivoluzione, era a Parigi per trovare alleati militari, e si appoggiò alla Loggia delle Nove Sorelle, la più brillante fra le logge francesi che avrà un ruolo decisivo nella diffusione delle idee illuministiche. Dunque la massoneria ha avuto una parte predominante nella Rivoluzione Americana, e c’è un episodio davvero significativo che indica fino a che punto le istituzioni americane fossero fin dal principio imbevute di spirito massonico. Infatti dopo la guerra alcuni ufficiali che si erano battuti valorosamente nella lotta di indipendenza pensarono di creare un’associazione che doveva costituire una sorta di aristocrazia militare della neonata repubblica, ma lo stesso Franklin intervenne per impedire questa eventualità. Si vede anche qui uno degli aspetti tipici del mondo moderno: le ambizioni degli elementi più capaci vengono frustrate e sacrificate al supremo valore dell’egualitarismo “democratico”, che contempla un particolare astio verso il principio di ereditarietà.

Faÿ conclude il libro conla RivoluzioneFrancese, l’evento che pone fine ufficialmente al mondo feudale e consacra di fatto la massoneria come struttura di potere della modernità. Può apparire strano come la nobiltà e il clero francesi, e anche di altri paesi, abbiano aderito in gran numero alla massoneria che si proponeva di spazzare via il mondo aristocratico (Faÿ parla, al proposito, di suicidio massonico dell’alta nobiltà). Ma probabilmente i più perspicaci e lungimiranti nobili dell’epoca capivano che il baricentro del potere si spostava sempre di più verso la classe borghese dei mercanti, dei banchieri, degli imprenditori, e quindi si apprestavano a “riconvertirsi” nella nuova scala sociale che si stava preparando. Faÿ, tuttavia, rileva anche come molti nobili, che forse avevano aderito in maniera più superficiale alla nuova istituzione, fossero rimasti sconvolti dalla violenza del moto rivoluzionario: evidentemente non pensavano che quei raffinati incontri intellettuali potessero concretizzarsi nella ghigliottina !



lunedì 3 gennaio 2022

Odi et amo

Come ben sappiamo, le oligarchie occidentali riescono a perpetuare il loro dominio reprimendo il dissenso con la legislazione volta a colpire i cosiddetti “crimini di odio”. Ovviamente questo “odio” sarebbe quello rivolto contro stranieri, immigrati, omosessuali e categorie di persone che di volta in volta vengono definite in base alle convenienze del momento.

In Italia conosciamo bene gli esiti catastrofici della legge Mancino del 1993, implementata da altri surreali reati d’opinione ispirati al linguaggio verminoso della correttezza politica. E come se non bastasse, a questa legislazione infame si aggiungono le farsesche attività di “commissioni antiodio” e di istituzioni similari che nulla hanno da invidiare al “Ministero dell’Amore” di Orwell...

È perfettamente normale, invece, utilizzare un linguaggio estremamente offensivo, violento e aggressivo contro gli avversari della sinistra, anche quando si tratta di personaggi innocui, del tutto interni all’ortodossia occidentalista e quindi complici della sinistra, come Berlusconi, Salvini, Meloni.

In un articolo dell’Espresso del 22 novembre 2021 la propagandista del femminismo Michela Murgia difende la libertà di insulto contro i politici di destra, citando la Bibbia e chiamando in causa il Salmo che invoca una sanguinosa vendetta contro Babilonia. La Murgia giustifica così questa istigazione alla violenza:

«esiste un registro di invocazione al cielo che è fatto di rabbia e di dolore, di indignazione e di senso profondo di ingiustizia, uno stato d’animo orante a cui le parole di pace e conciliazione non sono sufficienti».

Un “senso profondo di ingiustizia”: una simile dichiarazione pronunciata da chi ha il coltello dalla parte del manico suona a dir poco… irritante!

Che le ideologie progressiste siano la fabbrica dell’odio non è certo una novità, e per capire il senso che esse danno a tale sentimento è molto indicativa questa citazione:

«Il contenuto morale dell’odio dipende dall’oggetto verso il quale è rivolto e per questo può essere prezioso e nobile oppure meschino e vile. L’odio mira sempre a un’attiva contrapposizione all’avversario e non si placa limitandosi a disprezzare quest’ultimo o a evitarlo, ma è invece sempre legato al bisogno di annientarlo o danneggiarlo. L’odio è una componente essenziale e determinante del sentire čcekista, prerogativa imprescindibile per una lotta appassionata e spietata contro il nemico. Il consolidamento e approfondimento dell’odio nella pratica della lotta di classe, rivolto contro una concreta e reale immagine del nemico, rientra negli obiettivi dell’educazione di classe. L’odio è contemporaneamente un forte e fondato movente per l’azione. Pertanto, esso deve trovare consapevole applicazione nel lavoro clandestino come stimolo nello svolgimento dei più delicati compiti operativi»

si tratta di un brano tratto dal Dizionario del lavoro politico-operativo, manuale per gli agenti della STASI, la polizia politica della Germania Est (citazione tratta da: Gianluca Falanga, Labirinto Stasi, Feltrinelli 2021).

Ispirandosi più o meno consapevolmente a questo tipo di manuali dell’odio, i mass media contemporanei orchestrano imponenti campagne di disinformazione gonfie di astio e di livore contro dissidenti politici ed esponenti di culture alternative, che in realtà spesso rappresentano posizioni di avanguardia culturale in grado di offrire interessanti alternative al vicolo cieco del pensiero unico. Contro i sostenitori del pensiero non conforme viene condotta una assidua campagna di discriminazione, di vessazione, di esclusione sociale e anche di violenze vere e proprie che raramente arrivano agli onori delle cronache...

Alla luce di queste macroscopiche mistificazioni del linguaggio, vale la pena richiamare l’attenzione su episodi che illustrano evidenti disparità di trattamento nel campo giuridico.

Negli anni ‘70, in un’Italia insanguinata dal terrorismo, un terrorismo in larga prevalenza di matrice marxista, gli intellettuali progressisti gridarono alla censura e organizzarono una campagna per la libertà d’opinione volta a sdoganare l’odio di classe. La Corte Costituzionale obbediva agli ordini con una sentenza pensata per lasciare le mani libere alla propaganda falce e martello:

«Devesi pertanto dichiarare in riferimento all'art. 21 della Costituzione l'illegittimità costituzionale dell'art. 415 del codice penale nella parte in cui punisce chiunque pubblicamente istiga all'odio fra le classi sociali, in quanto il medesimo articolo non specifica che tale istigazione deve essere attuata in modo pericoloso per la pubblica tranquillità».

(Sentenza della Corte Costituzionale n.108 del 23 aprile 1974)

Dunque in quel caso ci si richiamava all’articolo 21 della Costituzione, che oggi viene regolarmente disatteso e calpestato.

Il 13 dicembre 2009 Silvio Berlusconi venne aggredito a Milano e in quell’occasione i partiti del centrodestra avanzarono l’ipotesi di varare una norma che punisse l’istigazione all’odio per motivi politici. La sinistra allora mandò i suoi scribacchini nei mass media a spiegare che non è possibile legiferare sui sentimenti. I partiti di destra, come al solito, misero la coda fra le gambe e obbedirono alla sinistra!

E non soltanto l’odio è oggetto dell’interesse dei giuristi: anche l’amore può essere giudicato in tribunale. Mentre in nome dell’amore si giustifica il matrimonio gay, se un maschio corteggia una donna può facilmente incappare in un’accusa di molestie, al punto che oggi le relazioni fra uomini e donne sono divenute terreno privilegiato di controversie legali. D’altra parte è presumibile che la legislazione volta a tutelare gli omosessuali decreterà illegittimo sottrarsi alle eventuali “attenzioni” che un gay rivolga a un eterosessuale: probabilmente si arriverà alla legittimazione e alla legalizzazione della violenza arcobaleno!

Odi et amo, per citare Catullo, potrebbe essere il motto delle democrazie distopiche contemporanee che hanno instaurato il totalitarismo buonista dei sentimenti falsati.

Dicevano che non si può legiferare sui sentimenti, invece hanno costruito una prassi politica sui sentimenti, nella quale odio e amore, variamente manipolati, vengono strumentalizzati in senso ideologico.

In fin dei conti tutto l’apparato mediatico dell’Occidente non è altro che una continua campagna di odio contro il “maschio bianco eterosessuale”, presentato come origine dei mali del mondo.

Il fine di questo pestaggio mediatico è quello di annientare la classe media del mondo occidentale per concentrare la ricchezza nelle mani di un ristretto gruppo di oligarchi. Il relativo benessere conquistato con decenni di lavoro e di sacrifici sta andando in fumo rapidamente, sotto il ghigno soddisfatto dei potentati economici mondiali: loro sì che ci amano!

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brano tratto dall'ebook




Israele contro i Cristiani

 Cisgiordania: Israele contro i cristiani Nel cuore della Cisgiordania, a pochi chilometri da Ramallah, sorge Taybeh, l’ultimo villaggio ...