giovedì 1 dicembre 2022

L'ospite inattesa

 


Nel febbraio 2022 si è affacciata sulla scena pubblica un’ospite decisamente inattesa: la guerra in Europa!


Gli Americani e i loro scagnozzi dopo il 1945 hanno fatto il tiro al bersaglio in diverse parti del mondo, ma avevano tenuto fuori dalle azioni belliche il Vecchio Continente, e questo è sempre stato il segreto del consenso di cui hanno goduto le evanescenti classi politiche delle democrazie europee.


Le motivazioni della guerra fra Russia e Ucraina sono estremamente complesse, ma vengono coperte da entrambi i contendenti con strategie mediatiche grossolane e piuttosto improbabili per chi abbia un minimo di senso critico. Putin afferma che l’Ucraina è uno stato nazista, mentre l’Occidente paragona il presidente russo a Hitler: evidentemente agitare lo spauracchio del fascismo è una versione dei fatti collaudata che ha ancora grande effetto sulle masse inebetite dell’una e dell’altra parte...


Guardando la questione da un altro punto di vista se ne desume che si tratta di una lite in famiglia tra antifascisti...


Lo scontro ideologico fra Oriente e Occidente richiama anche l’epoca della rivalità fra USA e Unione Sovietica, ma oggi il contrasto non è più così definito come poteva essere al tempo della guerra fredda. Per certi aspetti le parti sono rovesciate: il collettivismo totalitario è ampiamente dominante in Occidente, sotto forma di egualitarismo coatto e di terrore antirazzista, mentre la Russia sembra avviata a un virtuoso percorso di emancipazione dal mondialismo e di recupero di una concezione organica della società. Indubbiamente la Russia al momento è imperniata su visioni antropologiche più accettabili in confronto ai canoni occidentali basati sulle allucinazioni delle teorie “gender” che hanno ipnotizzato le folle sulle due sponde dell’Atlantico. Inoltre la cultura russa è un riferimento molto più solido e fondante rispetto all’immondizia culturale che gli USA hanno scaricato sull’Europa. A prima vista il fronte dei ribelli che cerca di organizzare la Resistenza al mondialismo ha più di un motivo per guardare a Est.


Il mondo antagonista, interrogandosi sugli scenari che possono scaturire dalla crisi bellica, scopre tuttavia che le carte sono alquanto mescolate. Per esempio la Polonia si è schierata con fermezza e convinzione con la NATO. Eppure secondo il mainstream giornalistico il governo reazionario di Varsavia odia gli immigrati e gli omosessuali, e ha fatto il peggior sgarro che si possa fare alla mafia progressista: vietare l’aborto!


Come se non bastasse il ministro dell’Istruzione polacco ha istituito esercitazioni al poligono di tiro per gli studenti delle scuole…


La dura realtà della guerra ha già avuto effetti che smascherano le infantili narrazioni arcobaleno: in Ucraina allo scoppio del conflitto gli uomini sono andati al fronte, le donne hanno messo al sicuro i bambini e… quelli che all’ufficio di arruolamento si dichiaravano transessuali, sono stati prontamente rispediti al campo di battaglia!


Inoltre si aggiunge un elemento alquanto imbarazzante per gli occidentali: a combattere in prima linea contro i Russi non ci sono gli LGBT che ballano al gay pride, ma i volontari neonazisti del battaglione Azov!


Perfino sull’emittente televisiva La7, canale di granitica fede progressista, i combattenti dell’Azov sono stati paragonati ai 300 Spartani che resistevano alle Termopili: si tratta della prima volta, a memoria d’uomo, che la TV ha parlato bene dei neonazisti!


Ma chi sono davvero questi “nazisti” dell’Azov?


Un libro recentemente pubblicato ci aiuta a capire qualcosa di più preciso. Si tratta di Valhalla Express, un libro di memorie di un miliziano dell’Azov che ha firmato il documento con la sigla: Nome di battaglia “Woland”. Il volume è stato tradotto da Vincenzo Valentini e curato da Andrea Lombardi e Domenico Di Tullio.


Il racconto di Woland prende le mosse dagli anni dell’Università in cui il giovane protagonista studia in un contesto culturale russocentrico dove per giunta spadroneggiano studenti stranieri, soprattutto turchi. La scintilla che induce Woland a impegnarsi in gruppi identitari è lo stupro di una ragazza ucraina a opera dei danarosi studenti turchi. Una storia di ordinaria ingiustizia mondialista come ne conosciamo tante anche dalle nostre parti. Il racconto ripercorre le recenti vicende dell’Ucraina, i fatti di Euromaidan e la guerra del 2014 durante la quale si struttura ufficialmente il battaglione Azov, poi ingranditosi fino a diventare reggimento.


L’interesse del libro consiste soprattutto nella descrizione del profilo ideologico dei militanti ucraini, determinato dalle vicende storiche di quei territori, in cui le popolazioni martirizzate dal comunismo hanno una percezione dei fatti storici piuttosto diversa da quella occidentale. Del resto gli stessi militanti identitari ucraini non sono certo disposti ad assecondare incondizionatamente i “valori” europeisti e occidentali (droga, aborto, omosessualità). Woland racconta che i gruppi di estrema destra sono diventati molto popolari grazie alla loro efficace opera di contrasto alla delinquenza, allo spaccio di droga, alle bische clandestine, all’immigrazione illegale...


Le pagine del memoriale sono piuttosto semplici strutturalmente e per certi aspetti si basano su stereotipi prevedibili: i russi feroci e arroganti, i politici ucraini ambigui e corrotti e i cittadini ucraini vittime di entrambi; inoltre non mancano combattenti romantici di origine straniera che combattono a fianco degli Ucraini per amor di giustizia…

Sull’autenticità della testimonianza di Woland si possono anche avanzare dubbi ma il testo può comunque essere utile per farsi un’idea dello scenario politico ucraino. Il libro è corredato da illustrazioni a colori e da schede informative sulla storia dell’Ucraina e dei movimenti nazionalisti di quel paese.


Naturalmente nel valutare le informazioni sull’Azov bisogna tener conto che il nazionalsocialismo propriamente detto è un fenomeno storicamente determinato, mentre il “nazismo” come categoria mediatica viene utilizzato per le capziose narrazioni ufficiali volte a distorcere figure e avvenimenti in modo da offrire rassicuranti versioni di comodo all’intontito pubblico di massa.


Dal punto di vista elettorale l’estrema destra in Ucraina ha una rappresentanza insignificante al momento, ma la popolarità degli uomini dell’Azov è riuscita ad aprire le porte a un immaginario simbolico che ha avuto grande risonanza a Kiev e che può farsi strada anche in Occidente.


Insomma dal punto di vista dei movimenti identitari la scelta atlantista, seppur con i dovuti distinguo, può essere un tentativo di acquisire visibilità politica e spazio di manovra. È lo stesso ragionamento che fecero alcuni socialisti nella prima guerra mondiale: all’epoca i partiti socialisti erano tenuti fuori dalla stanza dei bottoni con le buone o con le cattive, e allo scoppio della Grande Guerra molti socialisti, contravvenendo ai loro principi pacifisti e internazionalisti, decisero di appoggiare lo sforzo bellico delle rispettive nazioni anche per guadagnarsi una credibilità politica.


Qualunque strada si scelga, una guerra ai confini dell’Unione Europea costituisce un tornante storico di notevole importanza che può segnare un cambio di passo significativo.


In Occidente nel linguaggio quotidiano sono velocemente tornate alla ribalta parole che fino al gennaio 2022 erano di fatto proibite dall’asfissiante tirannia del politicamente corretto: guerra, armi, patria, sovranità, indipendenza, legittima difesa…


Le conseguenze economiche della guerra hanno già avuto un impatto pesante sulle economie europee, e il prolungarsi delle ostilità potrebbe avere effetti devastanti; inoltre l’eventuale coinvolgimento della NATO nel conflitto non è da escludere in maniera assoluta.


Le parodistiche classi dirigenti occidentali che cosa racconteranno al loro gregge di pecorelle arrendevoli e impaurite?


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Nome di battaglia “Woland”, Valhalla Express La storia di un nazionalista, rivoluzionario e volontario ucraino del Battaglione “Azov”, Italia Storica 2022, p.234


La papessa

 


Michela Murgia ha dato alle stampe il trattatello teologico God Save the Queer. Catechismo femminista nel quale annuncia, con toni messianici, la Buona Novella: i generi sessuali possono essere più di due!


Se in passato i progressisti avevano definito Cristo come il primo socialista della storia, dopo il tramonto del socialismo reale sono riusciti a inventare Cristo come primo soggetto queer della storia. Anzi la predicazione evangelica soltanto oggi assume il suo pieno significato, liberando l’umanità dalle catene del “binarismo di genere” (per un Messia che ci liberi dalle catene della speculazione finanziaria, a quanto pare, dobbiamo attendere ancora…).


Il libro della Murgia non ha nulla di originale e ricalca i collaudati schemi retorici della correttezza politica: è un lungo susseguirsi di lamentazioni, pianti, latrati e guaiti sulla sottomissione delle donne e sull’emarginazione degli omosessuali… della serie:

Dacci oggi la nostra frigna quotidiana!”


A supporto delle sue tesi l’illuminata intellettuale liberal porta anche una sua personale interpretazione della Trinità di Andrej Rublëv, affascinante icona ortodossa del XV secolo. La Murgia afferma di aver provato un rapimento mistico davanti a quell’immagine: a mandare in visibilio la propagandista del gender è l’aspetto androgino delle figure rappresentate (peraltro una modalità espressiva non infrequente nell’arte sacra). Quell’effigie sarebbe quindi la rappresentazione di relazioni che si aprono alla “diversità”. Ecco che l’insondabile mistero del Dio Uno e Trino è stato finalmente svelato!


Al di là della cialtroneria bambinesca con cui la Murgia si avventura nell’esegesi biblica, il suo libro è la scoperta dell’acqua calda poiché espone tesi già ampiamente diffuse nella cultura anglosassone e nel mondo protestante, tesi che oggi suonano come stranianti solo per gli anziani che in gioventù hanno conosciuto la liturgia preconciliare.

La scuola dell’odio e del risentimento che l’imperialismo americano ha instaurato in tutto l’Occidente ha trovato allievi di prim’ordine anche in Italia!


Ma in fin dei conti i germi del nichilismo sono potenzialmente già presenti nello stesso monoteismo. In un certo senso la Murgia ha ragione: il “catechismo femminista” non è una contraddizione, ma una logica conseguenza del messianismo biblico.

Del resto già gli intellettuali pagani che si erano confrontati col Cristianesimo nascente avevano intravisto nelle Sacre Scritture le fondamenta di quella grande narrazione vittimista che nel mondo contemporaneo ha dato origine alle ideologie di sinistra. Fin dalle origini del Cristianesimo è evidente il carattere femmineo e infantile della nuova religione, tanto che la stessa Murgia fa notare che anche nei secoli passati la Chiesa ha attirato soprattutto donne e bambini. Inoltre tutta la tradizione cristiana insiste particolarmente sul dualismo spirito-carne che tende a dissuadere dall’esperienza sessuale. Le raccomandazioni alla castità e alla verginità strutturano la morale sessuale cristiana e trovano il loro coerente sviluppo nella morale neopuritana del femminismo contemporaneo, il cui orrore per la carnalità e per la sessualità supera di gran lunga, per intensità, le ingiunzioni penitenziali che il clero predicava anticamente.


Una nota particolare deve essere segnalata sulle convenzioni grafiche utilizzate dall’autrice: il cosiddetto “schwa”, con un repertorio di lettere rovesciate e numeri 3 che i progressisti definiscono “linguaggio inclusivo” perché secondo loro sarebbe un linguaggio che rappresenta tutte le identità sessuali. In realtà si tratta di una lingua fortemente discriminatoria, che suona come un codice criptato con cui gli esponenti delle élite si riconoscono e comunicano fra di loro: una sorta di gergo che la nuova nobiltà ha elaborato per significare la distanza sociale ed esistenziale rispetto a una plebe che non può capire gli illuminati disegni delle classi dominanti.

Questa neolingua orwelliana sintetizza efficacemente il carattere cospirativo delle ideologie progressiste: è la lingua del potere mondialista che utilizza le persone come cavie per il più grande esperimento di mutazione antropologica che la storia abbia conosciuto. Dopo la delusione del comunismo i liberal vogliono provare l’ebbrezza del transumanesimo, di cui il gender è la prima conquista strategica!


La Murgia, icona mediatica estremamente popolare, può contare su un grande numero di lettori indottrinati che cercano rassicurazione e conforto alla loro fede allucinata e che probabilmente sognano di vedere la loro beniamina seduta sul soglio pontificio con la sua poderosa stazza…


Sarebbe la seconda papessa dopo la papessa Giovanna, ma questa volta potrebbe essere ufficialmente riconosciuta: sicuramente in Vaticano può contare su numerosi e appassionati sostenitori!


Come sempre, quando si valutano le tesi “genderiste” resta sullo sfondo la contraddizione insolubile che sbugiarda l’improbabile impianto concettuale della “teoria di genere”: i sostenitori del gender affermano che i sessi sono indistinguibili e intercambiabili, eppure sono i primi fautori delle politiche per le donne, dimostrando così di essere perfettamente in grado di distinguere il maschio dalla femmina… quando è in gioco il loro tornaconto...


La lettura di questo testo suscita anche considerazioni sul ruolo del Cristianesimo nella mentalità contemporanea: una religione ormai ridotta a scatola vuota che ciascuno può riempire con quello che più gli fa comodo.

Sostanzialmente siamo di fronte all’esito conclusivo della mentalità protestante, basata sull’interpretazione individuale delle Sacre Scritture. La riflessione sull’attuale stato del Cristianesimo richiama le profetiche osservazioni di René Guénon sui residui psichici della Tradizione che la contro-tradizione avrebbe utilizzato per i suoi scopi demoniaci...


La buona notizia è che il diavolo non può mai impedirsi d’essere ridicolo, sotto qualche aspetto…

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Michela Murgia, God Save the Queer. Catechismo femminista, Einaudi 2022, p.146


Israele contro i Cristiani

 Cisgiordania: Israele contro i cristiani Nel cuore della Cisgiordania, a pochi chilometri da Ramallah, sorge Taybeh, l’ultimo villaggio ...